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L'allattamento: forme e pratiche di umanità

L’allattamento materno è unanimemente riconosciuto dalle principali autorità sanitarie mondiali un fondamentale presidio di salute a breve, medio e lungo termine sia per il bambino che per la mamma offrendo vantaggi sul piano biologico, nutrizionale, affettivo, relazionale ed economico.

Le più importanti società scientifiche internazionali raccomandano di dare al bambino solo latte materno per i primi sei mesi di vita e successivamente di accompagnare l’introduzione di altri alimenti con l’allattamento materno almeno per tutto il primo anno di vita del bimbo, ma anche fino a due anni e oltre se madre e bambino lo desiderano.

In questo archivio sono raccolte alcune testimonianze di madri e ostetriche volte ad approfondire questo tema offrendo punti di vista ancorati alle esperienze e sensibilità individuali.



Romina Xhakoni

"Vorrei che fosse un diritto della famiglia"

Romina è una donna di 33 anni, lavoratrice, nata in Albania e vissuta per la maggior parte della sua vita in Italia, decisa a terminare gli studi che aveva dovuto accantonare.

Prima di diventare madre, ha un'idea di parto idilliaco, "naturale", e di puerperio scandito da linee-guida e mansioni perfettamente portate a termine, allattamento ben riuscito; ma al momento delle contrazioni e infine del parto vero e proprio capisce che in realtà non si può immaginare nulla, non si è mai veramente preparate a quello che realmente accadrà. Ha l'urgenza di un parto cesareo da cui finalmente nasce Giulio, portato in neonatologia dove trascorre tre giorni, distante da lei. Nell'attesa, Romina si tira energicamente il latte dal seno, nonostante la stanchezza e il malessere dell'operazione del parto, cerca di dare un ritmo al suo corpo per produrre il nutrimento prezioso per suo figlio. Una volta ricongiunta con lui, e dopo tante fatiche e dolori, Romina si rivolge al consultorio per aggiustare l'attaccamento e quindi favorire un allattamento fluido. Dopo diversi tentativi trova finalmente le ostetriche che l'aiuteranno a recuperare e allattare senza dolore. Soprattutto, senza sentirsi difettosa ma compresa e supportata da ostetriche amiche, che non la reputano psicologicamente problematica, come era avvenuto in un'altra situazione.

Romina sottolinea con forza che la nostra società è molto giudicante, ti mette nelle condizioni di dover dimostrare di essere costantemente una "buona madre" , e nel frattempo anche una buona lavoratrice, che non tiene conto dei ritmi di accudimento ma di quelli della professione. La vita lavorativa e quella familiare non si conciliano come vorrebbe. Si è giudicate se non si riesce ad allattare, seguendo il "dovere" di questo gesto di cura da tutti incoraggiato; ma per Romina non si tratta di un dovere ma di un diritto, non di una tecnica scientificamente testata da seguire secondo fasce orarie precise, a ritmo di timbro del cartellino, ma un momento in cui si sta costruendo qualcosa, un gioco, un contatto, una scambio e un dolore, un passaggio che si attraversa e di cui ci si rende a poco a poco consapevoli, tanto da farle decidere infine di dedicargli la sua tesi di laurea.

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